A vederlo così, con la sua dimessa aria da sfigato, goffo, mediocre ed impacciato, Tonino Esposito non sembrerebbe mai un membro della malavita organizzata. E invece è il figlio del sommo boss Gennaro Esposito, l’uomo che, finchè era in vita, faceva tremare tutto il quartiere Sanità. Non avendo ereditato dal padre né la cattiveria né il sangue freddo necessari per essere un vero guappo, Tonino si è ritagliato nel sistema un ruolo piuttosto marginale: l’esattore di pizzo per conto di don Pietro De Luca, vero boss del quartiere soprannominato “’o terramoto”. E’ un compito banale che non richiede alcuna particolare dote, ma basta a Tonino per convincersi di aver seguito le orme paterne, cosa che ha sempre cercato di fare fin da quando era bambino. Grazie al sussidio che percepisce dal clan, Tonino vive agiatamente nel quartiere insieme alla sua allegra famiglia. Il quadretto è composto da sua moglie Patrizia, donna passionale e prosperosa, e i due figli Tina e Genny. La prima è una diciassettenne dal carattere fiero e determinato: sembra proprio che la ragazza abbia ereditato il temperamento del nonno anche se i suoi intenti vanno esattamente nella direzione opposta. Tina infatti disprezza profondamente la vita criminale e non sopporta di far parte di una famiglia di quel genere. Genny, il fratello minore, è invece più integrato nel gruppo ed incarna alla perfezione la strafottenza e la simpatia tipica degli scugnizzi napoletani. Poi ci sono i nonni: Gaetano ed Assunta, genitori di Patrizia, due napoletani veraci e nonna Manuela, madre di Tonino, che invece ha origini nordiche e perciò è lontana anni luce da quel modo di vivere. A completare la variopinta tribù degli Esposito sono Olga, collaboratrice familiare di origini moldave, e due animali domestici: Sansone, l’iguana, e Giggetto, il coniglio. La storia inizia il giorno di capodanno, quando Tonino viene convocato dal suo capo perché “’o pullastro nun s’è cotto buono!”. Quella sibillina espressione, con la quale uno scagnozzo di De Luca convoca Tonino, sta a significare che qualcosa è andato storto. In effetti è proprio così: nei soldi che lui ha raccolto dai negozianti della sua zona, c’era una banconota da 500 euro falsa! In altri termini qualcuno ha cercato di raggirarli, un fatto gravissimo mai successo prima d’ora. Quella è solo la prima di una serie di sventure che colpiscono il povero Tonino. Pochi giorni dopo, durante un giro di ricognizione tra i negozianti a caccia del falsario, qualcuno gli ruba il motorino e poi, come se non bastasse, i ladri gli fanno anche il “cavallo di ritorno”. Comincia così una profonda crisi di Tonino che si trova costretto ad affrontare i suoi fantasmi. Innanzitutto quello di suo padre: può davvero seguirne le orme? Sventura dopo sventura, Tonino Esposito mette in discussione tutte le sue certezze: il rapporto con sua moglie Patrizia, quello con sua figlia Tina e quello con se stesso: chi è lui veramente? Un buono, come dice sua madre Manuela, o un cattivo, come lo avrebbe voluto suo padre Gennaro? La storia familiare di Tonino Esposito e la sua attività criminale si incrociano quando sua figlia Tina comincia a frequentare Brando Aliviero, figlio del giudice Rosanna Aliviero, proprio il magistrato che sta cercando di inchiodare Pietro De Luca. Saputo di quella frequentazione, lo spietato boss decide di sfruttare la cosa a suo vantaggio ed ordina ad uno dei suoi scagnozzi di piazzare una microspia nello zaino del ragazzo. In questo modo riesce ad “intercettare” il giudice e, venuto a conoscenza dei suoi piani, fa eliminare il testimone chiave del processo. Quando la polizia ritrova la microspia nello zaino di Brando, Tina, convinta che sia stato suo padre, si scaglia contro di lui mettendolo dinanzi alla più dolorosa delle verità: Tonino Esposito è un buono a nulla, la sua vita non serve a niente, e le sue attività criminali sono per lei una tremenda vergogna. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Tonino si rende conto che forse ha davvero sbagliato tutto nella sua vita e per una volta decide di fare di testa sua, concedendo uno sconto sul pizzo ai poveri commercianti vessati dal racket. Un gesto goffo, mosso però da nobili intenzioni. L’ingenuità rasenta il patetico quando, cerando di insabbiare la cosa, Tonino ci rimette di tasca sua i soldi che mancano all’appello! Qualche giorno dopo, altri negozianti si presentano da De Luca a chiedere lo sconto. Il boss è furioso e Tonino è costretto a fuggire insieme al suo collaboratore Enzuccio. I due si rifugiano in una terra vicino Napoli dove per un paio di settimane vivono da latitanti. Ed è proprio in quei giorni, lontano dalla sua famiglia e dal suo mondo, che Tonino mette finalmente a fuoco quello che in tanti anni non aveva mai avuto il coraggio di accettare: lui quella vita non la vuole fare! Lui non è come suo padre: Tonino Esposito è un uomo buono. L’epilogo è quello più classico: il nostro (anti)eroe affronta il cattivo e finalmente trova la forza di liberarsi dalle catene che lo tenevano legato al sistema criminale. Tonino Esposito lascia la camorra e finalmente riabbraccia sua moglie ed i suoi figli. Tina è fiera di lui: adesso non solo può perdonare suo padre, ma può anche sperare che per la sua amata città possa esistere un futuro migliore.