E' la storia di tre amici: Tommaso, Marcello e Alice, dei loro destini che s'intrecciano, si lasciano e poi si ingarbugliano di nuovo, in una serie di avventure che attraversano tre decenni - dai favolosi sessanta ai plasticosi ottanta - e che incarnano i sogni, le svagatezze, le illusioni e le sconfitte di una generazione. Ma questa è anche la storia di un cinema (L'UNIVERSALE), un cinema un po' particolare a dire il vero, dove per una strana congiuntura epocale, rionale e perché no, astrale, per un periodo si sono incontrate la cultura alta, sperimentale e politica del movimento studentesco e quella popolare, sarcastica e disincantata del quartiere fiorentino di San Frediano, creando un meraviglioso cortocircuito che ben presto ha portato a un inatteso e scintillante caos creativo. In sala si poteva dire, fare e creare di tutto e il vero spettacolo non erano più i film, ma il pubblico. Ma questa è anche un po' la nostra storia, nel senso di un paese, l'Italia che in trent'anni ne ha viste passare di cotte e di crude sotto i suoi campanili: le lotte studentesche, i figli dei fiori, il terrorismo, il riflusso degli anni '80, e la fine di un mondo, di un muro contro muro dopo il quale niente sarebbe stato più uguale, perché come diceva il Tamburini, noto frequentatore del cinema Universale: "Un'ideale non è come un papa, morto uno ci vuole del tempo per farne un altro!". E sarà Tommaso a condurci in questo pirotecnico viaggio, lui, figlio del proiezionista dell'Universale, col suo sguardo colto e popolare al tempo stesso, ci condurrà per mano nella sua vita, in quella degli avventori del cinema, dei suoi amici del rione e cos. via, facendoci sorridere, commuovere, riflettere e percepire il pulsare anarchico di quell' "esistenze", che per anni ha riempito l'aria fumosa del cinema Universale d'Essai. Perché è comunque il cinema il vero protagonista di questa storia: il cinema come luogo e come film, come specchio e come appendice di storie private e generazionali.