La mattina del 1° novembre 1943, a Conca della Campania, un minuscolo borgo della provincia di Caserta, 19 civili vengono trucidati da una pattuglia di militari tedeschi. Graziella Di Gasparro, figlia di uno dei caduti, lotta strenuamente da anni per tener viva la memoria di quell'eccidio dimenticato. L'assassinio del padre di Graziella fu il terribile epilogo della brutale occupazione del territorio che l'esercito tedesco mise in essere in tutta la Campania centrosettentrionale a partire dall'8 settembre, data dell'armistizio. Il casertano - primo territorio italiano ad essere dichiarato "Zona di Operazioni" - dovette sperimentare la devastante onda d'urto delle brutali leggi di guerra germaniche che si accanirono contro la popolazione civile. Dopo le Quattro Giornate di Napoli, a Riardo, un piccolo centro a pochi chilometri da Capua, una banda Partigiana riesce a scacciare con le armi i tedeschi dalla cittadina mentre le istituzioni e gli abitanti di Tora e Piccilli, salvano una cinquantina di ebrei dalla deportazione. Ed è proprio in risposta a questa insubordinazione, ormai diffusa sul tutto il territorio, che i comandi tedeschi danno libero sfogo al dissennato campionario di violenze contro la popolazione civile che causò 752 vittime. La strage di Conca della Campania, quindi, secondo la tesi dello storico Giuseppe Angelone, assume un ruolo chiave per comprendere al meglio quel processo che trasformò l'occupazione tedesca dell'Italia da una presenza militare "tollerata" ad un'egemonia aggressiva e violenta nei confronti della popolazione civile. Graziella, dopo anni di sofferenze, con la visita dell'ambasciatrice tedesca a Conca della Campania, in occasione della 73° commemorazione della strage, oltre al riconoscimento per le sofferenze, sue e dei suoi concittadini, ha finalmente avviato un processo di riconciliazione con il suo tragico passato.