Nove attori e il loro autista si svegliano in una stanza di un casolare abbandonato. Finestra e porte bloccate. Qualcuno è legato. Attimi di silenzio irreale. Poco a poco, iniziano a prendere coscienza e da qui inizia il loro dramma. Sono confusi, storditi. Hanno un vago ricordo del viaggio che stavano affrontando. Il clima è molto teso. Non comprendono le ragioni né i fatti che li hanno condotti lì, in quella stanza senza via d’uscita. Si sentono come se stessero vivendo un sogno. Primi attacchi di panico, spavento e sgomento generale. A chi, per reazione, manca l’aria e trema; chi gesticola freneticamente; chi inizia a parlare di continuo o chi vive immobile, nel silenzio, questa situazione senza trovare spiegazioni. Improvvisamente si sente un rumore di un lucchetto che si apre. Dalla porta entrano, con passo deciso e minaccioso, sei guerriglieri armati, dal viso coperto. Uno di loro ha una telecamera che posiziona di fronte agli attori. Attimi di terrore. Adesso la situazione appare più chiara: la compagnia di attori e il loro autista sono vittime di un rapimento. Una delle attrici viene obbligata, con violenza, a leggere un messaggio davanti alla telecamera: “Studenti coranici annunciano al mondo il rapimento di dieci uomini e donne”.
Il senso di angoscia si fa sempre più forte tra gli attori. Non riescono a capire i motivi del loro sequestro. L’unica spiegazione pare essere quella legata al motivo del loro viaggio. Erano partiti con l’intento di diffondere un messaggio di pace nei paesi di guerra attraverso il loro spettacolo.
Probabilmente il voler diffondere la cultura italiana nel mondo come simbolo di democrazia è stato percepito, invece, come una minaccia da qualcuno.
Negli studi televisivi di Channel One arriva un pacco. Contiene le immagini del rapimento. I sequestratori offrono l’esclusiva a quest’emittente a patto che le immagini vengano trasmesse 24 ore su 24 e che facciano rapidamente il giro
del mondo. Il direttore di Channel One pensa immediatamente ai soldi che potrebbe produrre un affare del genere. Così, dopo pochi giorni, le TV del mondo mandano in onda non-stop le immagini dei rapiti a loro totale insaputa.
I telespettatori sono interessati alla vicenda. Le televisioni, sempre accese, rendono loro partecipi del dramma vissuto dagli attori.
L’idea di mandare in onda 24 ore su 24 un rapimento con il fine di avvicinare i telespettatori alla drammaticità dell’evento, sembra rivelarsi vincente. Il programma è seguito assiduamente. Incuriosiscono la personalità degli attori e i legami sentimentali che si stanno creando tra di loro.
Commenti talvolta superficiali e cinici, talvolta profondi perché consapevoli del dramma vissuto dai prigionieri, fanno raggiungere all’audience picchi altissimi.
Sociologi ed esperti della televisione si interrogano sul fatto se sia giusto o meno violare la privacy dei sequestrati fino a questo punto.
Nel casolare il clima è sempre più teso. Gli attori subiscono continui maltrattamenti da parte dei guerriglieri. Il mimo della compagnia, completamente confuso e quasi staccato dalla realtà che sta vivendo, inizia a mimare i comportamenti dei guerriglieri rischiando di essere sparato in testa. Ad una di loro viene persino tagliato un dito. Attimi tragici, di attesa e speranza.
La prigionia forzata, la convivenza costretta e la paura provocano mutamenti profondi nel comportamento degli attori e nei rapporti fra di loro.
Soprattutto la paura.
La violenza dei guerriglieri convince gli attori che i motivi del sequestro sono legati ad un ideale, a qualcosa che và oltre il riscatto economico. Così, il terrore di non uscire vivi da quella situazione mette gli attori di fronte alle loro verità più
intime, costringendoli quasi, a condividere i segreti più nascosti del loro passato, tutto quello che non sono mai riusciti a dire o a fare.
La ragazza più giovane confida all’autista di essere vergine e perde poi, la sua verginità, proprio con lui in quel casolare, perché la situazione la spinge ad aprirsi e a confidargli il suo segreto. Un altro attore riesce a prendere coraggio e a confessare la propria omosessualità e c’è chi descrive il trauma subito da bambina. Situazioni umane prive di filtri, autentiche, descritte esattamente come sentite si svelano progressivamente durante la prigionia. Gli attori si confessano, completamente inconsapevoli di essere in onda, ormai, in tutte le TV del mondo.
La gente da casa sembra preoccuparsi più per l’omossesualità presunta di uno dei prigionieri o per la perdita della verginità in diretta che del dramma vissuto dagli attori. Ossessionati morbosamente da quelle immagini private, i
telespettatori continuano a commentare con fredda ironia, lontani dalla tragedia.
Gli attori vivono il sequestro come un incubo: l’attesa e la speranza che possa finire sembrano non avere fine. Nascono tra loro, incomprensioni e scontri sempre più forti. Si creano situazioni di imbarazzo e abbrutimento.
Esplosioni di rabbia e intolleranza fanno sprofondare gli attori in un clima sempre più cupo, pesante. I rapporti tra loro iniziano a raffreddarsi. La complicità e la voglia di restare uniti per darsi forza iniziano a svanire.
Prevalgono la tragedia e il senso di sopravvivenza individuale. Nel frattempo gli indici di ascolto cominciano ad abbassarsi. Le persone sono stanche di seguire una vicenda che pare non avere fine.
Improvvisamente da Channel One: una novità spiazzante sul sequestro. Un giornalista, da indiscrezioni, afferma che esiste la possibilità che il rapimento da parte dei guerriglieri sia una montatura realizzata da un'importante e famosa
produzione. Immediatamente gli indici d’ascolto ritornano alle stelle.
La notizia non è certa ma basta per riaccendere animosamente la curiosità dei telespettatori.
C’è ancora chi crede nell’autenticità dei fatti, nel dramma reale vissuto dalla compagnia, ma molti pensano subito al rapimento come ad una farsa creata apposta, con attori ingaggiati e addirittura pagati per questo.
I giornalisti di tutto il mondo si chiedono chi possano essere produttori così cinici e astuti da inventarsi una montatura del genere, e dove siano.
Adesso veramente non si parla d’altro.
Le persone da casa sembrano impazzite: ogni mossa, ogni gesto e parola dei rapiti è osservato ossessivamente, per cercare di capire quale sia la verità.
Il dubbio tra spontaneità e recita causa nei telespettatori comportamenti e commenti morbosi relativi alla vicenda.
Una produzione che ha creato il rapimento e che sta’ speculando su questo fatto esiste davvero. Ma alla totale insaputa dei sequestrati, che vivono pienamente e tragicamente tutta la situazione. Sono i guerriglieri i “veri attori”. Sono loro ad essere stati ingaggiati dalla produzione. La montatura è nata per scopi economici. Infatti, ora, come non mai, i produttori sono diventati ricchissimi grazie ai guadagni derivanti dal pagamento per spazi pubblicitari offerti da importanti multinazionali.
L’opinione pubblica non è assolutamente a conoscenza di tutto questo.
Improvvisamente, nel casolare, uno degli attori vede un topo correre e poi scomparire, dietro un grosso mobile. Scoprono così una porta.
Cambio improvviso dei loro stati d’animo.
Ora sono mossi dalla speranza di poter fuggire da quell’incubo. Uno degli attori, che durante la prigionia si è fatto notare per le sue doti di manipolatore, riesce a convincere un’altra attrice a prestarsi al suo piano: sedurre i guerriglieri per distrarli, mentre gli altri tentano di aprire la porta bloccata. La
donna si affida alle parole dell’amico ma finisce con l’essere violentata dai guerriglieri facendo sprofondare l’intero gruppo di attori in un’angoscia e impotenza ancora più devastante di quella vissuta fin’ora. Gli attori sono stremati. Come dal primo giorno, Come dal primo giorno, anche questa volta, tutte le televisioni del mondo stanno mandando in onda l’accaduto.
La violenza però non è in diretta perché avviene in un’altra stanza. Si sentono solo le urla della donna violentata. Questo
provoca in alcuni telespettatori il forte dubbio che sia tutta una finzione. Freddi e impassibili alla drammaticità
dell’evento, i telespettatori si preoccupano solo dell’autenticità della trasmissione e, rivolti alla televisione, incitano a
mostrare le immagini della donna durante lo stupro.
Nascono movimenti di protesta da parte di parenti e amici delle vittime che insistono per far luce su tutta la vicenda.
I governi iniziano a fare notevoli pressioni per arrivare alla verità.
Prima di essere scoperti, i produttori decidono di smantellare la trasmissione e di lasciare immediatamente gli studi
televisivi, allestiti all’interno del casolare. Diffondono solo un comunicato con cui rivelano l'ubicazione esatta dei rapiti.
La prigionia degli attori è ormai al suo termine. Channel One, l’unica emittente a conoscenza del luogo del sequestro, manda due dei suoi giornalisti sul posto, per riprendere l’uscita in diretta dei rapiti.
Gli opinionisti si chiedono fino a che punto può spingersi un programma per raggiungere il successo, dove sono i limiti dell'etica e del giornalismo.
La via d’uscita è lì, davanti agli attori.
La porta è stata finalmente aperta, ma nessuno riesce per i forti traumi emotivi subiti, a valcarne la soglia.
Gli attori sono al limite della resistenza.
Come bloccati psicologicamente, si muovono nella stanza, perduti, sconvolti.
Un attore ha la febbre altissima; in preda a un collasso rischia di andare in coma e dopo momenti strazianti e di delirio
muore. Gli altri attori gli si avvicinano, chiusi nel loro dolore, piangendo e abbracciandosi. Si creano comportamenti
irrazionali dettati dalla paura.
Un attore, solitamente il più silenzioso del gruppo, inizia improvvisamente a mimare qualcosa, interrompendo di getto i
suoi gesti con un fiume di parole. Confessa il suo dolore più grande: aver lasciato morire, sola, la nonna con cui aveva
vissuto tutta la vita, per rincorrere la carriera. Scosso per l’averlo ammesso per la prima volta anche a se stesso, smette
di parlare per poi riprendere a mimare uno dei suoi pezzi più famosi: “le lacrime della nonna”.
Il pubblico da casa non capisce le ragioni per cui gli attori ancora non escono dalla porta; annoiati perché non succede
niente,i telespettatori continuano a commentare, distaccati dal dramma, sempre rivolti allo schermo facendo addirittura il
tifo per un attore in particolare.
Lentamente, psicologicamente distrutti ma come risvegliati dalla speranza dopo tanta poeticità e commozione per il mimo, gli attori si trascinano finalmente fuori dalla stanza. Come se adesso avessero di nuovo uno scopo.
Escono tremanti e, accecati dalla luce, si cercano con aria affranta, triste. Intravedono i due giornalisti e qualche parente lì con loro. Non capiscono il motivo ma subito scoprono di essere famosi. Tutto il mondo li conosce, sa’ le loro verità più intime, a loro insaputa.
Tra imbarazzo, rabbia e vergogna, gli attori continuano a trascinare i loro corpi, senza una meta. Sconvolti e completamente svuotati da quel vissuto, storditi da quelle atroci verità, gli attori spariscono nella polvere e nel silenzio assoluto. Forse, solo adesso, viene avvertita dalla gente la vera portata della tragedia.