Si narra la vita della società dei pastori. Gesti che si ripetono da centinaia di anni. Governare le capre e accompagnarle al pascolo e mungere un secchio di latte per produrre il caciocavallo alla fiamma di un camino ricavato nelle pietre di uno stazzo incastrato in un dirupo. Aiutare la vacca a partorire serrando tra loro le zampe tremule del vitello così che esca per dritto e senza incastrarsi. Scannare un maiale, trasportarlo di peso sul tavolaccio della cucina e macellarlo aiutati dalla moglie e dai figli, lembo dopo lembo, trasformandolo in costolette e salsicce e coscio e spuntature, non gettarne via niente, minutamente spezzettarlo per le settimane future, raccogliendone il sangue in barattoli di vetro da tenere in ghiacciaia. Risalire a notte l’erta della montagna nella transumanza di inizio estate, raggruppando gli armenti tra fischi e richiami, nel chiarore freddo delle lampade e offrendosi da fumare e da bere, trascorrendo la notte intorno al fuoco rinvigorendo gli aneddoti e quei frammenti di memoria dispersi nelle tante stagioni seppellite nelle orme calpestate nel terreno. Parteciperemo al battesimo del figlio di Antonino e Carmela, ascoltando le formule liturgiche e cogliendo il movimento delle mani dei padrini, il tintinnare del Cristo in oro scivolato intorno al collo, l’acqua benedetta e gli sguardi vigili, le dita in preghiera e i baci sulle guance e lo scalpiccio strascicato lungo il nartece. E saremo a un matrimonio. Di Nicola e Maria, ventisette e ventiquattro anni, lei ha frequentato l’università, lui ha dato lustro all’azienda di famiglia presentando i prodotti alimentari nelle manifestazioni di vinitaly. Seguiremo le dinamiche tramandate nei tempi, si parla del IX secolo dopo l’avvento di Cristo, monaci bizantini che impartirono gli ordini. Come ad esempio il rito delle buste da carta da lettera ben piene di denaro e donate dai parenti più stretti e adagiate sul “letto spogliato”, un vecchio e malmesso matrimoniale innalzato a base figurativa da cui far involare i futuri sposi verso una vita piena di figli e di gioie. E quindi, i relativi addii al nubilato e al celibato, sospeso tra grottesche pantomime di modernità spiate su youtube, pastori e figli di pastori assiepati intorno al palco rotondo solcato da una migrante biondo crinita attorcigliata attorno a un palo traslucido all’interno di un locale distante decine di chilometri dai luoghi di nascita, un locale dal nome in inglese, acquartierato ai confini di un villaggio turistico posto sotto sequestro dalla Direzione Investigativa Antimafia. Fino ad approdare al giorno fatidico, la vestizione del abito da cerimonia nelle rispettive case dei genitori e poi il matrimonio, celebrato in una chiesa compressa di invitati, le donne raccolte nelle panche affacciate all’altare e gli uomini dietro, in fondo alla navata, in piedi e addossati alla parete, quando non fuori fermi sul sagrato, che un uomo d’onore alla funzione non partecipa, rispettosamente non prende cappello e si allontana, ma segue gli echi della messa filtrare attraverso il portale, attende le campane rintoccare prima di accedere al bar e brindare con un dito di amaro. E da lì, partiremo a raccontare il pranzo che dal giorno raggiunge le stelle, dal ristorante apparecchiato per seicentocinquanta persone e traboccante di almeno quindici portate diverse e percorso dalla fila ordinata di invitati armati di buste color crema ricolme di denaro, trascolora nella notte festeggiata nella casa ristrutturata di fresco, una notte lunga fino al mattino, musicata dalla tarantella infinita e imperterrita, avvolta nei fumi della grigliata di manzo e agnello e maialini da latte e cosce di pollo e vitella per i bambini e gli anziani sdentati. Un matrimonio grazie a cui rinsaldare vincoli e fratellanze, dove ci si riconosce per quanto si è e si rivedono volti famigliari emigrati in nord America e in Oceania e giù fino alla Terra del Fuoco, consanguineità ossigenate da abbracci e baci sulle labbra. Infine, dopo settimane sui monti, un viaggio nella memoria orale divenuta immagine scolpita nei fotogrammi, approderemo in settembre al Santuario della Madonna della montagna, la Madonna di Polsi, comune di San Luca.