L'ultimo film della Trilogia della vita è anche quello dove forse si esprime più poeticamente il senso dell'utopia pasoliniana, evocando una dimensione popolare e fantastica dove il sesso è vissuto con libera spregiudicatezza in un passato magico, violento e intatto. Le scenografie di Dante Ferretti, i costumi di Danilo Donati, la fotografia di Giuseppe Ruzzolini, contribuiscono allo splendore figurativo di un film ispirato alle fiabe arabe e girato in Etiopia, Yemen, Iran e Nepal.