Il film descrive le vicende di italiani, ebrei e non ebrei, durante il periodo che va dalla pubblicazione delle leggi razziali (1938) alla deportazione dall'Italia (1943-1945). A parlare non sono solo i perseguitati, ma anche i persecutori e poi gli altri testimoni, cioè quella stragrande maggioranza di italiani che non aderirono all'applicazione delle leggi razziali, ma neanche si opposero. Un'opera originale su un tema di grande complessità, considerando che i pochi testimoni dell'epoca sopravvissuti sono molto anziani, la memoria collettiva si sta spegnendo e la conoscenza dei fatti delle giovani generazioni è sempre più labile. L'ottantesimo anniversario delle leggi razziali è stata una delle ultime occasioni utili per raccogliere testimonianze dirette su cosa successe nel 1938, con l'intento anche di spiegare come questi provvedimenti hanno influenzato in seguito la storia del nostro paese. Il progetto ha l'ambizione di illustrare alle nuove generazioni - da punti di vista a volte contrapposti - cosa significarono in concreto, nella vita di tutti i giorni, le leggi razziali. Ad esempio cosa comportò per varie famiglie, appartenenti alla classe media o a quelle meno abbienti, l'impossibilità di mandare i propri figli a scuola o l'improvvisa perdita del lavoro. Le leggi sancirono il totale isolamento dalla società italiana degli ebrei, ai quali fu impedito di sposarsi con una ariana o un ariano, di far parte del partito fascista, di possedere aziende o società con più di cento dipendenti, di essere impiegati dello Stato, di esercitare una serie innumerevole di professioni tra le quali quella del medico, del farmacista, dell'avvocato, commercialista, ingegnere, architetto, ecc. Agli ebrei, non di rado eroi della Grande Guerra o ferventi fascisti, furono impediti anche la carriera e il servizio militare. Il documentario vuole infine raccontare quegli italiani che approfittarono della situazione, a volte con vero entusiasmo.